6 consigli per farsi ben volere

amici

1) Interessatevi sinceramente delle altre persone

◾Ci si fà più amici in due mesi mostrandoci interessati agli altri che in due anni tentando di indurre gli altri a interessarsi a noi.
◾Essere amichevole con tutti è indispensabile per un venditore, e anche per un non venditore.
◾Salutate con entusiasmo e vivacità sempre.

2) Sorridete

◾La gente che sorride tende a cavarsela meglio, a insegnare meglio a vendere meglio e a crescere figli più felici. C’è più comunicatività in un sorriso che in una minaccia.
◾Non sorrisi falsi, stereotipati che non ingannano nessuno, parlo del sorriso semplice, spontaneo, cordiale che conquista i cuori.
◾Se volete che la gente sia contenta di stare con voi, bisogna che anche voi dimostriate che siete contenti di trovarvi in loro compagnia.

3) Ricordatevi dei nomi della gente

◾Per ogni persona il suo nome è il suono più dolce che c’è.
◾I nomi distinguono gli individui, li rendono unici fra tutti gli altri.

4) Siate buoni ascoltatori, incoraggiate gli altre a parlare di se stessi

◾Se volete proprio che la gente vi disprezzi e vi sfugga, la ricetta è questa: parlate sempre e solo di voi stessi. Se avete un’idea mentre l’altra persona sta parlando, non aspettate che finisca tirate dritto e interrompetela nel bel mezzo del discorso.

5) Parlate di quello che interessa agli altri

◾Parlare tenendo conto gli interessi dell’altra persona non solo è buono per l’altra persona, ma anche per noi, perche ci allarga i propri orizzonti.

6) Con naturalezza e sincerità valorizzate gli altri

◾Tutti abbiamo bisogno dell’approvazione degli altri. Vogliamo vedere riconosciuta la propria dignità.
◾Chiedetevi che cosa potete lodare sinceramente nelle persone.
◾Certe piccole frase come “scusi il disturbo”, “per favore” o “grazie” contribuiscono a far funzionare senza scosse l’andamento della vita quotidiana e sono anche segno di buona educazione.

Dale Carnegie (“Come trattare gli altri e farseli amici”)

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Impara a capire gli altri con l’empatia

ascoltare

Il volto ostile di uno sconosciuto può trasformarsi in una persona che si materializza davanti a noi con tutti i suoi bisogni e le sue difficoltà:

1) ASCOLTO ATTIVO – Mentre ascolti qualcuno stai già elaborando una possibile risposta? Accade di frequente. Tuttavia, anziché apportare benefici alla discussione, questo atteggiamento rischia di incrinare i rapporti e aumentare i malintesi, senza contribuire a una visione comune. Prima di parlare prenditi il tempo per ascoltare l’altro veramente, senza pensare a niente. Abbiamo perso di vista l’ascolto, il primo obiettivo da recuperare se desideriamo migliorare il livello di empatia con gli altri.

2) CAMBIA PROSPETTIVA – L’attitudine mentale in grado di migliorare la tua vita? Smetti di prendere tutto sul personale. Quando qualcuno ci chiede qualcosa o espone la sua visione dei fatti, è facile reagire attivando un atteggiamento di difesa. In questo momento alziamo un muro nel tentativo, conscio o inconscio, di proteggere e nostre convinzioni, tuttavia questo va a nostro discapito. Rabbia e paura possono distorcere la visione complessiva delle cose e portarci lontano dalle soluzioni funzionali per la nostra felicità.

3) DISCUSSIONI POSITIVE – Al fine di ampliare l’orizzonte è importante ascoltare l’altro, sospendendo per un attimo ogni giudizio. Non hai niente da perdere, provaci. Ascolta le parole altrui con il coraggio e l’umiltà necessaria per trarne una lezione da cui imparare. Affinché una discussione sia costruttiva è necessario comprendere il punto di vista di tutti coloro che sono in gioco: sii attento e sensibile, ascolta con attenzione, prova a dare il tuo contribuito verso una soluzione in grado di soddisfare tutti. Una risoluzione parziale lascia una scia di malcontento e frustrazione, che tenderanno a riproporsi.

4) LA PERSONA AL CENTRO – Ogni persona è in grado di sviluppare empatia. Spesso dimentichiamo che il nostro punto di vista, i guai o il bisogno di felicità che fanno parte dell’avventura quotidiana del vivere, sono qualcosa che riguarda tutti gli esseri umani. L’autentica rivoluzione è iniziare a dare un’attenzione più consapevole alle persone. Stai camminando? Guarda chi incontri dritto negli occhi e sorridi: di fronte a un sorriso che nasce dal cuore anche uno sconosciuto risponde. Prima di scattare per la rabbia o lasciarti innervosire dal comportamento di qualcuno, considera che non sai nulla di quella che è stata la sua giornata, o la sua vita. L’empatia nasce dai piccoli gesti in grado di farci recuperare l’umanità che serve per trattare noi stessi e gli altri, di nuovo, come persone.

(tgcom24.mediaset.it, 23 novembre 2015)

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Come avere successo grazie a 7 virtù

federe

1. Parlare bene degli altri
Quando esprimiamo dei pareri sugli altri, quelle critiche, o lodi che siano, si ripercuotono indirettamente su noi stessi.
Keith Rollag, professore di management presso il Babson College (Wellesley, Massachusetts, USA) e autore di vari libri dedicati all’argomento, sostiene che “quando una persona parla degli altri, induce chi l’ascolta ad attribuirle inconsciamente le caratteristiche descritte”.
In pratica: se dite, ad esempio, che il capo è un essere gentile e premuroso, gli altri ricorderanno quelle virtù, associandole alla vostra persona. Quindi: attenzione a dire che il capo è un idiota rompiscatole!
2. Saper ascoltare
L’attenzione è il ‘filo elettrico’ che collega le persone fra loro. Questo è quanto sostiene la scrittrice ed esperta di Comunicazione Lou Solomon, che a questo proposito afferma: “Non è ‘attraente’ essere distratti mentre gli altri parlano, mentre tengono una conferenza o conversano. Va bene controllare il cellulare, ma bisognerebbe limitarsi a farlo quando si è da soli, nella sala d’attesa di uno specialista o nel vagone della metropolitana. E cercare invece di essere presenti quando siamo circondati da altre persone”.
3. Essere autentici
Le persone gradevoli sono quelle che restano sempre se stesse, sia in pubblico che in privato. E’ quanto afferma l’americana Karen Friedman, scrittrice e coach in Scienze della Comunicazione: “sono accomodanti, senza voler apparire ciò che non sono. Sono disponibili e sincere, anche nel momento in cui hanno da dire qualcosa di impopolare”.
4. Dare la priorità ai rapporti umani
Le persone che danno più valore ai rapporti umani che al potere sono percepite dagli altri come affidabili e gradevoli, al contrario delle persone interessate principalmente al proprio status, dice la succitata Solomon. E aggiunge: “Non ci vuole molto a creare un contatto diretto: tutti amiamo quel momento in cui il capo ci guarda dritto negli occhi, anziché darci un’occhiata distratta. È sempre meglio non chiudersi nella propria ‘scaletta’ mentale, perdendo il contatto col prossimo”.
5. Stimolare le confidenze altrui
Il proprio grado di ‘gradevolezza’ può essere misurato anche dall’abilità nell’indurre gli altri a raccontare e raccontarsi. Lou Solomon sostiene che, per far ciò, occorre essere disinteressatamente curiosi, fare domande, ascoltare ed esprimere positività.
Non essere minimamente interessati a ciò che sono o fanno gli altri, genera un problema a livello di capacità comunicativa e di conversazione.
Le ricerche condotte da studiosi del MIT (il Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti università di ricerca del mondo) confermano che le persone sinceramente interessate a quello che gli altri esprimono, hanno automaticamente maggior carisma, più successo negli affari e nello svolgimento dei colloqui.
6. Condividere le ‘luci della ribalta’
Come scrive anche Karen Friedman, le persone piacevoli sono quelle che colgono ogni occasione per condividere i propri successi con gli altri. Se ricevono una lode, o un premio, si guardano attorno per ringraziare quelli che hanno contribuito al raggiungimento del risultato
7. Non temere di mostrarsi vulnerabili
Il proprio vissuto è anche un terreno su cui costruire i rapporti umani con gli altri. Lou Solomon racconta che le è capitato di lavorare insieme a un imprenditore che aveva perso una gamba durante un combattimento militare. Egli parlava solo della propria esperienza professionale, tenendo nascosto il proprio handicap e occultando l’arto artificiale sotto lunghi pantaloni. Temeva infatti che gli altri pensassero che strumentalizzasse un fatto doloroso. Ma alla fine scoprì che condividere questo aspetto importante della sua vita aumentava vertiginosamente le possibilità di interagire con gli altri a livello umano.

Gabriella Coppini (wellnessworld.it)

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Empatia con i figli

parla

In quale stile ti riconosci?

Partiamo da un classico esempio di conflitto con i propri figli nel quale ogni genitore possa riconoscersi:

Mamma Giulia (o papà Matteo) è già in ritardo per andare al lavoro mentre cerca di convincere sua figlia Chiara, di tre anni, a mettersi la giacca per portarla all’asilo. Dopo una colazione fatta in fretta e furia e una battaglia su quali vestiti indossare, anche Chiara si è innervosita. In realtà non le importa che la mamma abbia un appuntamento al lavoro tra meno di 40 minuti. Vuole stare a casa a giocare e glielo dice. Quando la mamma gli risponde che questo non è assolutamente possibile, Chiara si butta a terra, scalpitando. Si sente triste e arrabbiata e si mette a piangere.

Come risponderà mamma Giulia per risolvere la questione e che modalità di comportamento metterà in atto? E tu invece, genitore che stai leggendo, come ti comporteresti?

Analizziamo di seguito i diversi stili di risposta che mamma Giulia mette in atto e che, secondo il dott. Gottman, sono i più comunemente adottati dai genitori (mentre stai leggendo, pensa all’interazioni con i tuoi figli e cerca di notare cosa sembra simile al tuo stile e cosa c’è di differente invece nello stile del vostro rapporto):

1 – Genitore non curante

Giulia dice a Chiara che la sua ritrosia ad andare all’asilo è ridicola e che non c’era nessun motivo per arrabbiarsi e intristirsi. Poi probabilmente cerca di distrarla dai pensieri tristi lusingandola con una caramella o parlandogli delle attività divertenti che la maestra certamente avrà preparato per lei.

Il genitore in questo caso non si cura delle emozioni negative (tristezza e collera) del figlio, anzi le ignora e le sottovaluta. Magari risolve si al momento, ma presto si ritroverà a dover affrontare il medesimo problema in un’altra situazione.

2 – Genitore censore

La mamma rimprovera Chiara per il suo rifiuto a collaborare, dicendogli che è stanca del suo comportamento infantile e magari la minaccia promettendogli una sana sculacciata.

In questo caso il genitore critica l’espressione di sentimenti negativi del figlio, fino ad arrivare a rimproverarlo o a punirlo per queste sue manifestazioni emotive.

3 – Genitore lassista

La mamma abbraccia Chiara insieme alla sua rabbia e alla sua tristezza, empatizzando con lei. Ma poi si trova a corto di idee sul da farsi. Non vuole punirla, tantomeno minacciarla, ma neanche rimanere a casa è una soluzione da considerare. Forse, alla fine, trova un compresso: “Ok, giocherò con te dieci minuti, ma poi usciamo di casa senza fare storie ok?“.

Questa soluzione magari è efficace fino al mattino seguente quando il problema con molta probabilità si ripropone. In questo esempio infatti il genitore è permissivo, ossia accetta le emozioni del figlio e si dimostra anche empatico, ma non riesce a offrirgli comunque una guida o a porre dei limiti al suo comportamento.

4 – Genitore empatico

Vediamolo all’opera:

Mamma: Mettiti la giacca Chiara. E’ ora di uscire

Chiara: No! Non voglio andare all’asilo!

Mamma: Non ci vuoi andare? Perché?

Chiara: Perché voglio stare a casa con te a giocare

Mamma: Veramente?

Chiara: Si. Voglio stare a casa.

Mamma: Penso di capire come ti senti ora. Ci sono certe mattine che anch’io vorrei rimanere a casa con te, a guardare i libri insieme, a giocare con te, invece di uscire di casa per andare al lavoro. Ma sai una cosa? Ho dato la parola a quelli dell’ufficio che sarei stata li alle 9, e non posso mancare alla parola data.

Chiara: (Inizia a piangere) Non è giusto! Uffa! Non ci voglio andare!

Mamma: Vieni qui Chiara (la abbraccia). Mi dispiace tesoro, ma non possiamo rimanere a casa. Scommetto che è questo che ti fa arrabbiare vero?

Chiara: Si

Mamma: E sei anche un pò triste, vero?

Chiara: Si

Mamma: Anch’io sono un pò triste sai? (la lascia piangere un pò tenendola stretta e lasciando che sfoghi le sue lacrime). Senti un pò cosa facciamo. Pensiamo a domani, che è sabato e non dovremo andare al lavoro e all’asilo. Possiamo passare tutta la giornata insieme. Cosa ti piacerebbe fare domani?

Chiara: Mamma possiamo fare i biscotti e guardare i cartoni?

Mamma: Certo! E’ una bellissima idea! E che altro?

Chiara: Possiamo anche andare al parco, quello nuovo dove ci sono quei scivoli grandi?

Mamma: Va bene! Ma adesso è ora di uscire, d’accordo?

Chiara: Si mamma… (escono).

Il genitore in questo caso risponde empatizzando con la figlia, diventando consapevole dell’emozione del bambino. Riconosce in quel sentimento un’opportunità di vicinanza e di insegnamento. Ascolta con empatia, e convalida i sentimenti della figlia e la aiuta a trovare le parole per definire le emozioni che sta provando. Pone infine dei limiti, mentre esplora le strategie per risolvere il conflitto in questione.

Cristiana Milla (quipsicologia.it)

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