Rapporto fra medico e paziente (empatia)

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Qualche anno fa Stefano Manghi, docente di Sociologia all’Università di Parma, ha scritto Il medico, il paziente e l’altro. Un’indagine sull’interazione comunicativa nelle pratiche mediche (edizioni Franco Angeli) un’inchiesta che raccoglie le esperienze di 55 medici. “La situazione non è cambiata. I medici stanno facendo fronte al mutamento della “scena della cura”. Si estende l’informazione biomedica di massa, la coscienza dei diritti alla salute potenzia gli aspetti legali della cura, poi ci sono sempre più iper-specialismi e l’aziendalizzazione della cura. Il risultato è un “malessere comunicativo crescente”, dice Manghi.

“La medicina attuale è caratterizzata soprattutto dalla tendenza alla super-specializzazione e i cittadini pazienti devono confrontarsi con un gran numero di specialisti, correndo il rischio di essere considerati come supporti occasionali di organi malati e non come persone” – spiega Flamigni – . “Questa frammentazione delle competenze comporta sia una diminuzione delle responsabilità – che si dissolvono all’interno del gruppo di medici ogni volta coinvolto – sia la difficoltà di indicare a chi spetti l’onere di tirare le fila della miriade di accertamenti eseguiti“.

L’opinione di molte persone nei confronti della medicina e dei medici non è positiva ormai da molto tempo. Ma è possibile intervenire per ricostruire la fiducia fra camice bianco e assistito. “Oggi il medico può apparire come un acrobata, intento a eseguire, sulla corda, i suoi esercizi di tecnologia applicata: gli acrobati non sono interessati a conoscere l’identità degli spettatori, lavorano per un applauso collettivo e non per la felicità dei singoli. Ma una via d’uscita potrebbe essere quella che suggerisce al medico di dar voce ad alcune delle sue piccole virtù, virtù che certamente possiede come la pazienza, la prudenza, la capacità di ascolto, il rispetto per la volontà del malato, la comprensione dell’importanza dell’aggiornamento, la consapevolezza delle proprie responsabilità, l’umiltà. Si tratta in fondo di un modo semplice e alla portata di tutti di interpretare ‘l’etica della cura’”

Silvio Garattini (repubblica.it, 1 novembre 2014)

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